La coltivazione del tabacco in Italia ha radici antiche, si diffuse in Europa dopo il 1560, si racconta per opera di un monaco benedettino, e nel Veneto venne introdotta intorno al 1700 nella Valle del Brenta, dove andò a costituire la maggior risorsa economica della zona, fino a sostituirsi a quella del gelso. Da qui passò nel Basso veronese intorno ai primi del Novecento. Oggi, tra le aree regionali maggiormente interessate dall’attività tabacchicola, il Veneto spicca come una delle più produttive. Da una decina d’anni, in provincia di Treviso, a Orsago, si è sviluppa un’azienda nuova, grazie all’intuizione di Cesare Pietrella e Andrea Casagrande, il Moderno Opificio del Sigaro italiano (Mosi), dinamica, attenta alle aree di coltivazione, alle materie prime e ai tempi di stagionatura, che si prefigge di garantire la massima qualità dei suoi sigari, utilizzando soltanto i tabacchi migliori lavorati artigianalmente. È la differenza principale tra Mosi e il sigaro toscano. Il valore aggiunto aziendale sono le donne, che rappresentano circa l’85% dell’organico dei collaboratori, che con le loro mani d’oro fanno la differenza nella cura e lavorazione del prodotto. Viene utilizzato principalmente tabacco coltivato nelle piantagioni ubicate in provincia di Verona, nel basso Veneto, dove il terreno di medio impasto, da sempre, è ideale per la coltivazione di tabacco Kentucky. Solo le migliori foglie diventano sigari Ambasciator Italico. Per creare dei blend perfetti, adatti a tutti i tipi di fumatori, dai neofiti ai più esperti, l’azienda utilizza anche foglie selezionate di tabacco Kentucky coltivate in Italia (Valtiberina, Val di Chiana e Benevento e Stati Uniti, Tennessee e Kentucky) da dove prende il nome questa incredibile pianta. Un sigaro già è stato scelto e apprezzato da molte star, tra cui anche Al Pacino.

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